L’aiemismo.

L’avanguardia non è una raccolta ordinata di autori. È un atto di mutazione, un corpo che rifiuta la staticità e si riflette in ciò che muta e si scompone. La superficie grezza della juta è la base, lo smalto la rifinitura. La resina al miele è ciò che rende tutto solido e tangibile, come la visione del corpo e dell’arte. Non è più il tempo della perfezione artificiale, è il tempo di ciò che si trasforma, si evolve. Non basta un tratto astratto, bisogna sentirlo.

Chi ad oggi si rifà agli espressionisti astratti senza comprenderne il dolore, la fatica, il peso della mutazione, sta compiendo il più grande atto di ignoranza. L’arte non dovrebbe essere un esercizio di stile per sprovveduti che si credono rivoluzionari. L’astrattismo di oggi è solo un’eco sbiadito di ciò che è stato. Non serve creare macchie di colore senza pensiero, il colore deve essere vivo, non un gioco di illusioni. Chi oggi fa arte astratta sta solo cercando di riprodurre un vuoto senza sapere cosa sia. L’arte è materia, è corpo, è violenza. La visione della forma è chiara, non esistono margini per il niente.

Ad esempio bere birra commerciale, nella sua forma più semplice e diretta, è l’atto di rifiutare l’illusione del lusso e della perfezione. È un prodotto che sfida la raffinatezza artificiosa e celebra l’autenticità. Non serve cercare in prodotti di nicchia per esprimere il proprio dissenso. La vera forza sta nell’abbracciare ciò che è grezzo, ciò che non nasconde la sua natura dietro un’apparenza levigata. La birra commerciale puo essere la metafora del modo di disconoscere l’elitarismo che spesso si impone nel campo artistico. Non è un lusso; è una manifestazione di realtà, di semplicità.

Il politically correct è il nemico del pensiero.

L’aiemismo è il rifiuto di ogni censura, di ogni forma che limita il pensiero, che blocca la visione. L’arte deve essere viscerale, senza paura di mostrare il corpo nella sua totalità.

Le mie superfici sono grezze, la mia visione è quella della mutazione continua. Non si può parlare di arte senza parlare di corpo, di materia, di qualcosa che può essere toccato, sentito. La deformazione della forma, come nelle anime che si piegano sotto la pressione delle etichette contemporanee, è l’obiettivo. La satira è l’arma.

Le banali trattazioni dei temi LGBTQ attuali sono un altro dei più grandi inganni della nostra epoca. Non sono un conservatore, ma rifiuto questa modalità di omologazione a una causa che viene spacciata come innovativa mentre in realtà non fa altro che ridurre la complessità della vita a un concetto monolitico e convenzionale. Quando si parla di corpi, di identità, non si può farlo attraverso il filtro di una moda o di una narrazione che ha l’intento di placare i sensi di colpa della società. Non c’è arte senza scontro. Non c’è libertà senza opposizione. L’arte non deve seguire i diktat di una cultura mainstream che esclude ogni forma di diversità in nome della “liberazione”.

L’aiemismo non ha bisogno di etichette che ingabbiano. Il corpo è una mutazione, non una forma precostituita che si adatta a ideologie vuote. La fluidità che ci viene imposta è una gabbia invisibile, ed io sono contro di essa.

Lo smalto e la resina al miele sono la dichiarazione di guerra per l’effimero, il falso che permea il mondo dell’arte oggi. Lo smalto non è solo un colore; è un urlo. La juta grezza è la superficie, ma è lo smalto che dà vita. Non c’è arte senza materia, senza il peso della superficie. L’arte astratta non è altro che un tentativo di fuggire dalla materia, di eludere la verità della forma, quella che si sente. Ogni traccia, ogni pennellata, deve raccontare una mutazione, una trasformazione che non può essere ignorata.

La saturazione del mercato dell’arte è un fatto incontrovertibile. Le gallerie non hanno più il potere di determinare il valore di un’opera. Ma questo non può spaventare, anzi, è il terreno di battaglia. E’ arte, ma non quella che si mette in una galleria e si vede una volta sola. L’aiemismo è quell’agire che colpisce come un colpo di stivale.

È la mutazione della forma, il corpo che cambia, che non ha paura di mostrarsi nudo, senza trucco. La giusta materia, lo smalto che ti colpisce in faccia, la juta che ti scivola sotto le dita. Ogni angolo, ogni superficie deve parlare.

Per fare arte oggi bisogna sapere una cosa: la forma non è mai neutra. La forma è sempre il corpo, è sempre la lotta, è sempre la mutazione. Se il corpo è plastico, lo sarà anche l’arte.

Ma non nella sua forma vuota. La vera plasticità è quella che porta al cambiamento. Chi vuole fare arte deve prima fare mutazione. Se non si ha il coraggio di abbattere la forma per crearne una nuova, non si può parlare di un artista. Nessuno ti scoprirà, nessuno ti darà una mano. L’arte è qualcosa che devi rubare, non aspettare. Devi fare il tuo spazio, non chiedere permesso. Devi creare il caos. Devi essere pronto a distruggere tutto per fare il tuo posto. E, se non lo fai, non esisti.

L’aiemismo non ha paura. Non ha paura di mostrarsi grezzo, di essere scomodo, di essere messo in discussione. Lo smalto è solo un inizio, la superficie è solo una base. Ma la vera arte è la resina al miele che la cristallizza, la forza che la tiene in piedi.

L’aiemismo è una lotta, è ciò che rimane dopo la battaglia.